Negli ultimi decenni la depressione e in generale i disturbi dell’umore hanno subito una forte crescita. La prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età adulta è del 10-25% nel genere femminile, contro un 5-12% nell’uomo. Le cause sono varie (ambiente sociale, predisposizione genetica, relazioni affettive precoci, ecc.) ma in quest’articolo tratteremo nello specifico l’alimentazione e in particolare il legame tra zucchero e depressione.

Alimentazione e Psiche: Il legame tra zucchero e depressione

· alimentazione · Marco Turi · 5 min per leggerlo

Le malattie del corpo si curano con la mente. Le malattie della mente si curano con il corpo. - Anonimo

Negli ultimi decenni la depressione e in generale i disturbi dell’umore hanno subito una forte crescita. La prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età adulta è del 10-25% nel genere femminile, contro un 5-12% nell’uomo. Le cause sono varie (ambiente sociale, predisposizione genetica, relazioni affettive precoci, ecc.) ma in quest’articolo tratteremo nello specifico l’alimentazione e in particolare il legame tra zucchero e depressione. Mente e corpo sono fortemente connessi e questo legame oggi viene sempre più riconosciuto. La nascita della psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) che studia la relazione tra le fluttuazioni degli ormoni e il comportamento umano, ha dimostrato senza ombra di dubbio che la psiche interviene sul corpo.

Alimentazione ed evoluzione

La nostra mente sin dalle epoche preistoriche si è plasmata al fine di garantire la sopravvivenza della specie umana. Spesso i nostri antenati si trovavano per lunghi periodi senza cibo. Assumere cibi grassi e zuccherini, significava trovare energia accumulabile da conservare in previsione di tempi difficili. Questo è uno dei motivi principali che ci porta a mangiare eccessivamente questi alimenti.

Il nostro organismo è abituato a ricevere basse quantità di zuccheri che il nostro antenato preistorico prendeva dalla frutta e dalle spighe di grano trovate per caso. Il nostro organismo ha dovuto inventare un modo per far sì che noi ricercassimo questi alimenti affinché sopravvivessimo alle carestie.

Cosa accade quando ingeriamo troppi zuccheri?

Viene messa in circolo l’insulina, il “pompiere” chiamato a spegnere l’”incendio zuccherino” divampato nel nostro sangue. Il suo intervento però presenta diversi problemi. Esso viene visto come un intervento di “emergenza” dal nostro organismo che provoca: una alterata capacità del pancreas di produrre insulina (che a lungo andare provoca a sua volta diabete di tipo II, quarta causa di morte in Europa entra il 2030), una predisposizione organica di tipo infiammatorio (con conseguenze patologiche che vanno dalla colite alla predisposizione ai tumori), stoccaggio degli zuccheri nel grasso facendoci ingrassare, ed infine abbasserà i livelli della glicemia, portandoci ad avere un nuovo stimolo alla fame falso, non corrispondente a un reale bisogno, che ci spingerà a mangiare di nuovo.

Qual è il legame tra zucchero e mente?

Frequenti sbalzi insulinici portano a una continua variazione dell’umore, stati mentali confusi, stanchezza frequente e pensieri negativi (che possono diventare stati depressivi). Inoltre gli stimoli alla fame ci spingono a comportamenti alimentari distorti come ad esempio le abbuffate, che a loro volta generano sensi di colpa e frustrazione. Se anche nei pasti successivi si continuasse a magiare cibi ad alto indice glicemico, ingrasseremmo e di conseguenza oltre a peggiorare le nostre condizioni generali di salute andremmo incontro ad ulteriori frustrazioni, difficoltà sociali, sensazioni di stanchezza fisica, pensieri di fallimento.

L’insieme di questi sintomi in parte coincidono con quelli definiti dal DSM IV-TR (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per la diagnosi di depressione maggiore. Una carenza di zuccheri comporta un rallentamento dei movimenti, il sentirsi stanchi, irritabili, la vitalità diminuisce, vi è una bassa inclinazione alla vita sociale. Nel 2005 Markku Timonen ha pubblicato un interessante lavoro scientifico in cui riscontrava una correlazione marcata tra resistenza insulinica e stati depressivi.

Stress e ricerca di zucchero

L’attivazione fisica dovuta allo stress viene rappresentata da una curva a forma di U rovesciata (legge di Yerkes e Dodgson). Questo significa che un valore ottimale di stress ci aiuta ad essere nel pieno delle nostre capacità psicofisiche. Al contrario una sequenza di eventi stressanti ad alto impatto, prolungati nel tempo, può abbatterci in maniera profonda, farci sentire depressi, stanchi, privi di qualsiasi prospettiva. Se poi la nostra vita ruota attorno al bisogno di controllare (dall’imprenditore sempre preso dal lavoro alla mamma che deve gestire figli-lavoro-casa) la necessità di avere glucosio nel sangue si impenna. Immaginiamo di tornare a casa stressati dopo una giornata infinita a cercare di gestire tutti gli impegni e le scadenze. I livelli di cortisolo (ormone dello stress) saranno alti, e questo comporterà una ricerca di glucosio e una conseguente ricerca di dolci o altri cibi ricchi di zuccheri. Il cortisolo inoltre inibisce l’ormone della sazietà. Ci abbuffiamo, il grasso aumenta, insieme a tutti gli effetti negativi dello stress: inibizione immunitaria, disturbi del sonno, riduzione della memoria, aumento dei radicali liberi e riduzione di vitamina C.

A questo punto se questa situazione di stress si protrae nel tempo rendendola ordinaria quotidianità, una delle possibili reazioni che il nostro organismo potrà avere sarà la depressione. Come una pila scarica perché si è usata troppo, il nostro organismo non riuscirà più ad affrontare lo stress. In questo scenario una cattiva alimentazione, composta da zuccheri concentrati e raffinati (prodotti dolciari, bibite gassate, gelati, succhi, marmellate, ecc.), non farà altro che peggiorare la nostra situazione risultando in un’ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di stati depressivi.

Per approfondire il tema potete leggere l’ottimo libro “Prevenire e curare la depressione con il cibo” di A. Speciani e L. Speciani.

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